TORINO piange al sua squadra, non si è salvato proprio nessuno | Tifosi attoniti
Torino Calcio (Instagram) Valsusanews.it
Ogni anno Superga si tinge di granata: una grande perdita che nessuno dimentica e che onora ogni anno. Cosa è successo?
Non è solo una cerimonia, né un semplice momento di raccoglimento. A Superga, ogni anno, il Toro si ritrova per guardare negli occhi la propria storia.
I giovani che salgono lungo quel sentiero non portano solo fiori, ma il peso e l’onore di un’eredità che va oltre il calcio.
Lì, tra silenzio e vento, si comprende cosa significhi davvero la parola “spirito granata”.
Un valore che nessuna sconfitta potrà mai cancellare. Un volo, una tragedia, un’eredità che resiste al tempo: la storia del Grande Torino continua a vivere ogni anno, ai piedi di Superga.
Superga, il rito granata che unisce generazioni
Ogni anno, il settore giovanile del Torino sale a Superga per rendere omaggio ai protagonisti del mito. I ragazzi del vivaio leggono i nomi delle 31 vittime davanti alla lapide bianca che domina la città: un gesto semplice, ma pieno di significato. È il modo in cui il Toro trasmette la propria anima, dalle mani dei veterani a quelle dei più giovani.
Tommaso Gabellini, capitano della Primavera, ha avuto quest’anno l’onore e l’emozione di leggere quei nomi. Nelle sue parole si percepisce lo stesso tremore che, da 76 anni, accompagna ogni voce che pronuncia “I campioni d’Italia”. Per lui, e per chi cresce sotto la Mole con la maglia granata addosso, il Toro è una famiglia che insegna il rispetto, la memoria e la resilienza.

Il volo, l’impatto e la leggenda del Grande Torino
Il rito di Superga nasce da una tragedia che segnò per sempre la storia del calcio italiano. Il 4 maggio 1949, alle 17:03, il trimotore Fiat G.212 della compagnia Avio Linee Italiane, in volo da Lisbona a Torino, si schiantò contro il muraglione posteriore della Basilica di Superga, a causa di una fitta nebbia e di un errore di valutazione. A bordo c’era l’intera squadra del Grande Torino, la formazione che aveva dominato il campionato con cinque scudetti consecutivi e che costituiva la spina dorsale della Nazionale italiana. Non ci furono sopravvissuti: morirono tutti i 31 occupanti, tra cui giocatori, dirigenti, giornalisti e membri dell’equipaggio.
Fu Vittorio Pozzo, allora commissario tecnico della Nazionale, a riconoscere le salme dei suoi ragazzi. Da quel giorno, Superga è diventata un santuario laico, un luogo dove sport e umanità si fondono nel ricordo di chi rese grande il nome di Torino. Il Grande Torino non fu solo una squadra, ma un simbolo di rinascita nel dopoguerra, una rappresentazione della speranza e dell’orgoglio italiano. La tragedia cancellò fisicamente quella generazione, ma ne moltiplicò il mito. Oggi, ogni volta che un giovane come Gabellini sale a Superga, quella storia continua: il dolore si trasforma in coraggio, la sconfitta in memoria, la memoria in futuro. Perché il Toro, come i suoi Invincibili, non cade mai davvero: si rialza ogni volta, nel cuore di chi lo ama.
