Lunedì 19 giugno, alle ore 20.45, presso il Teatro Magnetto di Almese, l'Associazione Laboratorio Civico, con il patrocinio del Comune di Almese, organizza la proiezione del Docufilm "Binxet - Sotto il confine": il primo documentario che racconta, con immagini esclusive, la condizione del popolo curdo che subisce la violenza dell'esercito turco in Kurdistan. Il film, realizzato dal regista Luigi D'Alife, è accompagnato dalla voce narrante dell'attore già premiato al festival di Cannes e alla mostra del cinema di Venezia Elio Germano. Tutte le immagini mostrate sono state raccolte dal regista durante i suoi cinque viaggi, fatti nel corso di un anno tra il 2015 e il 2016, tra Turchia, Siria ed Iraq.
Il titolo “Binxet”, che in lingua curda significa sotto il confine, racconta la vita delle famiglie che vivono nei villaggi del Kurdistan lungo i 911 km di frontiera tra la Turchia e la Siria. Il documentario mostra la vita quotidiana di un popolo che, nonostante stia combattendo la guerra contro le milizie di Daesh, oggi si trova costretto a difendersi dagli attacchi militari dell'esercito del presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan.
Attraverso delle preziose interviste fatte nei villaggi e alle autorità locali, nel film viene mostrato come il governo di Ankara sta venendo meno agli impegni presi con l'Unione europea, nell'accordo del marzo 2016 per l'accoglienza dei rifugiati, trasformando la frontiera con la Siria in un campo minato dove chi cerca di superare il confine rischia di venire sparato. Così un'anziana abitante di un villaggio racconta: "Vogliamo che tutto il mondo sappia che la Turchia attacca noi mentre non ha mai sparato un colpo contro Daesh quando controllava il confine".
Secondo l'osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), lungo il confine turco-siriano dove oggi il governo turco sta costruendo un muro per impedire l'ingresso ai profughi, 171 persone sono state uccise dall'esercito nell'ultimo anno mentre cercavano di fuggire dall'Isis e dal regime di Assad. Di questi 31 erano dei bambini. Al numero dei morti ammazzati si aggiungono le centinaia di persone che sono state arrestate, torturate, e rimpatriate in Siria dalla Turchia.
In tanti i contadini disperati a causa dell'esproprio delle loro terre, subito da parte dell'esercito turco che ogni giorno avanza nel controllo del territorio. Tra le testimonianze del film, anche l'esclusiva intervista a Riza Haltun, uno dei fondatori del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) che da trent'anni vive in clandestinità ed è stato raggiunto da D'Alife in un luogo protetto e segreto sulle montagne al confine tra l'Iraq e L'Iran.
La gravità delle azioni violente perpetuate sui civili curdi da parte delle forze armate sono raccontate anche da un giornalista dell'agenzia Anha che, attraverso la testimonianza di immagini, denuncia l'uso di armi chimiche come il fosforo bianco sulla città di Nusaybin avvenuto nel maggio 2016. Il giovane intervistato è solo uno dei tanti cronisti che si è unito alla rete “No more silence”, la campagna di informazione promossa dai giornalisti di frontiera che ogni giorno rischiano di morire sotto i colpi dell'esercito turco per raccontare il confine.
Ma c'è una speranza nelle strade della città del Rojava, dove un gruppo di giovani ha iniziato a dipingere murales con la scritta "Ez nacim” che vuol dire: io non vado. Lo slogan rivendicato da quanti dicono: “non vogliamo lasciare la nostra terra vogliamo qui la libertà”.