Ci sarà il mare anche a Torino, ma non é una buona notizia | Ecco da quando il cambiamento

Mare a Torino (Canva) - Valsusanews.it

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Immaginate le città storiche del Nord Italia, proprio come Torino, lambite dalle onde. Un paesaggio stravolto dove la geografia è riscritta in modo inquietante.

No, non si tratta di una profezia fantasy o di una speculazione fantascientifica, ma di uno scenario sempre più probabile.

Il nostro Paese sta affrontando una trasformazione drammatica, con conseguenze che vanno ben oltre le aree costiere.

Un recente studio lancia l’allarme, delineando una vera e propria crisi di migrazione e infrastrutturale.

La domanda non è “se”, ma “quando” l’Italia dovrà confrontarsi con questa nuova e amara realtà.

Presto a Torino ci sarà il mare

Un’Italia più piccola, con le coste che arretrano e intere comunità costrette a migrare. È lo scenario delineato dal rapporto “Paesaggi Sommersi” della Società Geografica Italiana. I dati sono allarmanti: il nostro Paese rischia di perdere il 20% delle spiagge entro il 2050 e addirittura il 40% entro il 2100, con circa 800.000 persone che potrebbero dover essere ricollocate. Lo studio identifica chiaramente le zone più vulnerabili e l’Alto Adriatico è in cima alla lista, con il Delta del Po e la Laguna di Venezia che sono ormai simboli di un ecosistema costiero in grave pericolo. Tra le altre aree più esposte figurano la costa pugliese intorno al Gargano, diversi tratti della Tirrenica, le aree di Cagliari e Oristano in Sardegna, la foce del Pescara in Abruzzo e la piana di Fondi, nel Lazio.

La minaccia del mare in avanzamento non si limita ai litorali sabbiosi. Le conseguenze si riversano anche sulle infrastrutture e sull’economia. Fino alla metà delle infrastrutture portuali nazionali, che si sviluppano per circa 2.250 km, rischiano di essere pesantemente compromesse, con pesanti ripercussioni sulla logistica e sul commercio. Non solo: oltre il 10% delle superfici agricole costiere è minacciato dal fenomeno della salinizzazione. L’estate 2023 ha già mostrato un assaggio di questa realtà, con il cuneo salino che ha risalito il Delta del Po per oltre 20 km, avvelenando terreni fertili e mettendo a rischio le riserve d’acqua potabile.

Zone costiere a rischio (web) - Valsusanews.it
Zone costiere a rischio (web) – Valsusanews.it

Come evitarlo

A concorrere alla sommersione delle spiagge non sono solo i cambiamenti climatici, ma anche fattori strettamente legati all’attività umana. Le barriere artificiali, pur proteggendo oltre un quarto delle coste basse, spesso aggravano l’erosione altrove e si rivelano costose e sempre meno efficaci nel tempo. Un altro grande problema è il turismo incontrollato: i comuni costieri offrono il 57% dei posti letto turistici italiani, esercitando un’enorme pressione urbanistica e ambientale. Come spiega Claudio Cerreti, presidente della SGI, il cemento sui litorali italiani è un fattore aggravante: “I litorali bassi sono, in tutta Italia, edificati o artificializzati. Questo impedisce alle dinamiche naturali qualsiasi possibilità di adattamento”. La cementificazione massiccia nega alle coste la capacità di rispondere naturalmente all’arretramento del mare.

Di fronte a questo scenario, la Società Geografica propone una netta inversione di tendenza. La parola d’ordine è rinaturalizzazione: “Restituire spazio alle coste per permettere loro di adattarsi dinamicamente ai cambiamenti è la strategia più promettente,” afferma Cerreti. Questa soluzione è preferibile alle difese rigide, che sono sempre più costose e insostenibili. Accanto alla rinaturalizzazione, lo studio suggerisce interventi di mitigazione concreti, come nuove strutture difensive lungo le coste, il ripascimento delle spiagge e l’innalzamento artificiale del suolo, laddove fattibile.